Mario Peserico, A.D. di Eberhard Italia e Direttore Generale di Eberhard &Co., è al suo terzo mandato come presidente di Assorologi, inoltre dallo scorso anno è vicepresidente del Comitato Permanente dell’Orologeria Europea/CPHE (il presidente uscente il francese Jean-Louis Burdet, lo ha designato a sostituirlo). Una soddisfazione che l’Associazione italiana merita per l’impegno con il quale ha affrontato in questi anni molti problemi della categoria che vede fianco a fianco importatori-distributori della più alta orologeria e di marchi fashion. Un universo variegato con necessità diverse e che si presenta ulteriormente complesso se vi si aggiungono anche i problemi degli artigiani riparatori e l’annoso problema delle parti di ricambio che non tutte le Marche sono disposte a fornire agli orologiai riparatori.
D: Gli italiani hanno cambiato il loro atteggiamento verso l’associazionismo?
R: Purtroppo gli italiani, per natura individualisti, non sempre riconoscono il valore dell’associazionismo, necessario ancora di più oggi, visto che spesso si deve ragionare in ottica europea e non nazionale. Inoltre forse, anche a causa della crisi e dei molti problemi che preoccupano l’imprenditoria italiana, c’è meno voglia di portare avanti temi comuni.
D: Quali sono le iniziative importanti che Assorologi promuove e i temi “caldi” sui quali si lavora?
R: In termini di iniziative citerei, la scuola di orologeria di Milano, il Capac, che grazie all’impegno dell’Associazione e delle Marche sia in termini propositivi che di supporto economico, ha raggiunto un prestigio importante e ogni anno è in grado di portare al mercato del lavoro un buon numero di allievi, che trovano occupazione sia in Italia che all’estero, spesso in Svizzera, dove la mano d’opera qualificata è sempre necessaria.
Uno degli argomenti sul quale da sempre è concentrata la nostra attenzione e sul quale è più difficile intervenire, è quello della contraffazione, anche in questo caso sono stati raggiunti alcuni significativi risultati. Abbiamo fatto presente al grande pubblico i problemi che si incontrano acquistando orologi più o meno famosi e che oltretutto contengono, per la pessima qualità del prodotto, rischi per la salute.
Infine l’argomento che forse interessa maggiormente acquirenti e negozianti (ultimo anello della distribuzione) è il tetto di spesa in contanti fissato a mille Euro. Una cifra modesta non solo per l’alta orologeria, ma anche per le marche medio-alte, compresi marchi storici che la superano anche con orologi al quarzo. Fermo restando che la lotta all’evasione è giusta, c’è da domandarsi il perché delle discrepanze in ottica europea. I mille Euro italiani diventano molti di più per acquisti in Germania e in altri paesi dell’Unione Europea dove non c’è limite all’uso del contante. Perché poi un orologio per il quale si spendono 900 Euro viene considerato un prodotto di lusso (basta vedere i listini delle marche per rendersi conto come il lusso sia ben altro) e un paio di scarpe della stessa cifra non rientra nel mirino del fisco pur essendo a quel prezzo sicuramente un prodotto lussuoso?
D: Dalle statistiche dell’export svizzero risulta che in Italia il mercato degli orologi si stia riprendendo.
R: È merito del turismo straniero che nei nostri negozi trova orologi molto più a buon mercato di quanto non accada in lontani paesi. Affermazione suffragata anche dai riscontri effettuati sull’Iva degli scontrini presentati per il rimborso del Tax Free, con cifre importanti soprattutto da parte di acquirenti cinesi.
D: Il consumatore italiano, e non solo per la crisi, sembra meno attratto dagli orologi.
R: Non possiamo dimenticare che in passato c’è stata una vera esplosione con crescite a due cifre e che quindi un certo rallentamento è anche fisiologico; inoltre tasse e bollette lasciano poco spazio per acquisti non di prima necessità e chi non ha questi problemi spesso fa i suoi acquisti all’estero; ciò nonostante l’Italia è sempre molto importante per le Marche produttrici come mercato test.
D: Infine parliamo delle boutique monomarca che sembrano in continuo aumento.
R. Sicuramente sono importanti per i turisti stranieri attirati dal richiamo di Marche conosciute, forse meno per il consumatore italiano più legato alla tradizione e alla fiducia nel negoziante che conosce da tempo. Certamente il mercato sta cambiando. In Italia siamo ancora lontani da ciò che si sta verificando in altre nazioni europee dove la grande distribuzione e i centri commerciali, lontani dalle città, mostrano sintomi di debolezza e sembra si stia tornando a quelli che si definivano “i negozi sotto casa”, affiliati o facenti parte di grandi catene commerciali, comunque bisogna tenere presente anche questa evoluzione. (Elena Introna)