Restaurare un orologio antico o d’epoca, è un’arte che presenta molti aspetti. Quello più semplice, forse, è legato all’estetica, sicuramente più complicata la riparazione di componenti meccanici usurati o peggio ancora rotti, da sostituire con altri che, come materiale, siano uguali (o migliori). A questo punto – dice Ribolini – il restauratore ha due possibilità: prendere ciò che il mercato offre (ammesso di trovarli perché anche i fornituristi finiscono per esaurire le scorte dei componenti) oppure realizzarli ex novo.
Restoring antique watches has many aspects: from asthetic to repair of worn or even worse broken mechanical components, to be replaced with others and most of time it’s necessary to make them ex novo. Italian watchmaker Gabriele Ribolini is the right man to make those watches to live again in his workshop.
Qui entrano in gioco diversi fattori, la passione per l’orologeria, l’ammirazione per ciò che in epoche lontane i maestri orologiai hanno fatto (disegni a mano libera, calcoli senza l’aiuto di calcolatrici, anche se già nel 1844 Antoine LeCoultre aveva inventato il Milionometro che misurava il millesimo di millimetro), il piacere di una sfida (meglio se accompagnata da un risultato economico), partendo da conoscenze non solo teoriche, ma anche pratiche e adeguando il proprio laboratorio artigianale con le necessarie attrezzature.
In provincia di Lodi ne abbiamo un esempio: Gabriele Ribolini. Lo conosco dal 1986; io, direttore responsabile della rivista POLSO e fino ad allora appassionata di sci, auto e barche soprattutto a motore, lui che mi spiegava i segreti dei movimenti meccanici degli orologi. In seguito insieme abbiamo scritto molti libri e nel 1994 anche l’Enciclopedia dell’orologio da polso, dispense settimanali vendute in edicola e poi da rilegare (sei volumi e 1210 pagine) per Storia, Tecnica e Schede di storici orologi.
“Ribo” ha studiato meccanica nelle scuole professionali e poi ha conseguito il diploma di perito meccarico; all’orologeria è arrivato in seguito. Fresco di studi ha trovato lavoro presso diverse aziende dove ha avuto la fortuna di imparare, da esperti artigiani, molti elementi che poi gli sono tornati utili, seguendo l’antico proverbio: impara l’arte e mettila da parte. Dedicatosi dopo molti anni all’orologeria, è stato l’unico italiano a disegnare e realizzare uno scappamento a tourbillon per un orologio da polso e, grazie a un ritorno di interesse anche per le pendole sia da muro sia da tavolo, grandi elementi di un arredo importante, non conta più il numero di pendole che sono state affidate alle sue cure, comportando ore e ore di lavoro non quantificabili né come durata né come costo (soprattutto oggi che il tempo ha un suo costo).
Una delle pendole recentemente arrivata nel lodigiano è una Neuchateloise che ha ampiamente superato i due secoli di vita. La suoneria del carillon è quella di un organo con 17 canne. Il congegno che la mette in funzione è formato da un mantice che produce l’aria ed è ricavato da un meccanismo “biella e manovella”, che tramite piccole valvole lasciano passare l’aria in base alle note del motivo musicale. E vi si possono selezionare anche otto motivi. Alcuni pezzi erano deteriorati e sono stati riparati con dell’argento per renderli più resistenti.
Qui entriamo nel vivo dell’incontro (volevo vedere la macchina dell’elettroerosione) durante una calda giornata d’Estate.
Se negli sport la suddivisione dei secondi in decimi, centesimi e adesso millesimi, è un fatto acquisito, che non stupisce più di tanto, è invece molto difficile immaginare – e ancor più realizzare – un perno la cui lunghezza sia di pochi millesimi di millimetro oppure incidere la ruota di un movimento orologiero per ricavarne il necessario numero di denti, restando in queste tolleranze. L’evoluzione industriale ha fatto sì che sul mercato siano arrivate le attrezzature che le grandi aziende hanno sostituito con altre più recenti. Molti anni fa Ribolini acquistò una macchina (la prima) che per le sue dimensioni, trasportata da una gru, rese necessario abbattere un muro della porta di ingresso. Meno impegnative le due macchine per produrre i componenti necessari nel restauro della pendola di cui sopra; la macchina più nuova, per l’elettroerosione a filo, funziona con un programma elettronico con una tolleranza di un millesimo di millimetro su una superficie di cm 15×15, questo è il campo di lavoro di questa microerosione.
A questo punto abbiamo preso a campione un altro componente di un orologio da polso extrapiatto per dimostrare cosa si può realizzare con macchine adeguate e in questo caso abbiamo deciso di fotografare un pignone con un pivot, diametro di 35 centesimi di millimetro. Abbiamo cercato di fare una foto “giornalistica” ma il risultato è stato più che deludente; forse un granello di sabbia o di polvere sarebbe stato più visibile. Così Ribo ha chiesto a un amico, Luca Scottini, di risolvere il problema ed ecco il risultato nella foto sopra. Se ancora non vi siete resi conto che quel piccolissimo segno scuro sul centesimo di Euro è il pignone con il perno in questione, non possiamo farci niente, ma pensiamo che, al massimo, aiutandovi con una lente, vi sarete resi conto di cosa sono le tolleranze alle quali lavora questa macchina.
Parlando invece di torni, che nelle scuole professionali i ragazzini di 11-12 anni iniziano a usare, ne ha recuperato uno realizzato a Gorizia (e tuttora funzionante) dalle caratteristiche insolite: lunghezza poco più di 30 centimetri; oggi potremmo definirlo un tornio “da viaggio”, ma probabilmente fu costruito, secondo tutti i crismi, per completare qualche esposizione oppure per l’orologiaio che, quando si recava nelle case dei nobili per qualche riparazione, vi arrivava con i suoi attrezzi.
“il primo restauro che ho fatto – ricorda Ribolini – è stato su un orologio da carrozza del Settecento, ho dovuto documentarmi con libri e disegni e alla fine ce l’ho fatta“, mentre parla mi mostra un vecchio libro con l’illustrazione del segnatempo.
Dietro a un restauro scopriamo così la necessità e il desiderio di imparare dal passato grazie a libri e illustrazioni e a quelle conoscenze che si tramandano da una generazione all’altra, dall’operaio provetto al giovane fresco di studi. Tuttora in Svizzera le scuole di orologeria durano molti anni e agli allievi è richiesto il progetto di ciò che poi sarà realizzato. Da noi, per quanto suddivisi in teoria e pratica, i due-tre anni previsti dai corsi di arte e mestieri, consentono una conoscenza non approfondita e l’esperto artigiano che volesse insegnare a qualche ragazzo appassionato di restauro, dopo essersi accordato con i docenti, trova i paletti dei finanziamenti che i Comuni non sono in grado di assicurare.
Oggi Ribolini, che tuttora per i disegni usa il tecnigrafo (strumento Inventato nel XIX sec. a Cleveland (Ohio) e diffusosi nel secolo scorso negli studi di ingegneri e architetti europei) è aiutato dal figlio Andrea, ingegnere meccanico ed esperto di informatica che, nel tempo libero, prepara i programmi necessari alle nuove macchine; nel corso degli anni Andrea ha assunto un ruolo sempre più importante per la ricostruzione dei pezzi usurati nei segnatempo antichi. Per fare ciò si avvale di microscopi e altri strumenti di misura presenti nel laboratorio. Anche una delle due figlie, che lavora part-time in un negozio, aiuta il papà. E naturalmente, c’è la moglie, che da sempre ha consentito a Gabriele di dedicarsi alla sua passione. Ai rappresentanti della seconda generazione si affiancano poi i due della terza, che mostrano già di provare interesse al lavoro del nonno (nel 2023 però Leonardo andrà in terza elementare mentre Eva a Settembre entrerà in prima, c’è tempo prima di farli entrare in attività).