Invecchiare è nell’ordine naturale delle cose e spesso non ce ne rendiamo conto, però te ne accorgi quando vengono a mancare persone che hai conosciuto per lavoro o per semplice amicizia. Pippo Perez rientrava nel primo caso e con molto ritardo – in gennaio ero all’estero per una breve vacanza (senza computer) – ieri ho appreso della sua scomparsa.
To become older it’ s normal and often you don’t feel the age unless when somebody among friends or colleagues die. Pippo Perez was among these and only a few days ago I knew he died on last January. Pippo was a real artist and not only a designer, he realized mainly jewels but also watches (in the first Eighties Capri Time). Today his daughter is going on with the Brand, our best wishes Gaia, you had a great father.
Pippo, napoletano verace, amante della vita in tutti i suoi aspetti, era l’erede di una famiglia di gioiellieri (il padre aveva realizzato un bracciale che Clark Gable aveva donato a Sophia Loren, il nonno aveva ideato splendidi gioielli per le nobildonne napoletane), logico che, dopo studi a Valenza, in Svizzera e negli Stati Uniti, anche Pippo entrasse in azienda diventando presto una delle colonne fra gli espositori di VicenzaOro. Si dedicava soprattutto ai gioielli unendo materiali preziosi ad altri, ma non mancavano gli orologi. a partire, nei primi anni’80,\ dal Capri Time che sul quadrante riproduceva, con metodi artigianali, l’orologio sul campanile della piazzetta, Molti anni dopo il segnatempo divenne protagonista di una lunga querelle in tribunale con alterne sentenze, ma la sua nascita fu un atto d’amore, Pippo pensava che i turisti avrebbero gradito un ricordo delle loro vacanze capresi e così fu. Poi arrivarono altri segnatempo, mentre le collezioni di gioielli spaziavano dalla coccinella portafortuna agli orsetti in diamanti in una ricerca infinita. Pippo era più di un designer, era un artista che a una solida cultura affiancava un’immensa fantasia. Utilizzò la pelle di squalo per bracciali e cinturini, assai prima che il comparto orologiero con grandi Marchi, decretasse il successo del prodotto che in francese si chiama “galuchat”. Amante della buona tavola (in molti ricordano le cene vicentine, ma ne aveva organizzato in ogni nazione dove si era recato per il suo lavoro e dove aveva ricevuto innumerevoli riconoscimenti) aveva scelto un prodotto tipico della cucina meridionale, il peperoncino (forse anche perché la forma ricorda quella di un portafortuna molto amato a Napoli) realizzandone gioielli con diversi materiali non solo per ornamenti femminili, ma anche per i gemelli delle camicie maschili. Oggi l’attività aziendale prosegue affidata alla figlia Gaia alla quale al di là delle condoglianze, vogliamo dire: “Hai avuto un grande papà che noi tutti ricordiamo con affetto, auguri perché tu possa proseguire nella sua opera”.