Basel first, Basel first… Questo è un po’ quello che abbiamo pensato in Redazione leggendo il comunicato stampa finale dell’edizione di quest’anno, mentre uno spiritello malizioso ci suggeriva anche “tutto va ben…”.
Basel first…was the first thought about Baselworld 2018 final Press Release. Crisis arrived everywhere and many reasons are beyond leaving exhibition. Last year we asked, why not to have it every two years, more for clients than for exhibitors; this year there were 2 days less. We read on web the word “arrogance”; this happens when all is going well, and it happens also at other exhibitions. New investments have been done, we’ll see in future if they were enough, but till some big independent Brands and two Groups like Swatch and LVMH will choose Baselworld, exhibition’s decline will be very very sloooow.
Indubbio che la crisi verificatasi ormai ovunque abbia influito sulle assenze di tanti Marchi di gioielli, ma anche di aziende storiche di orologi e di altre più giovani, ma attente ai budget. Senza dimenticare i costi dei viaggi e il proliferare un po’ dappertutto di Saloni dell’orologio mirati a negozianti quanto meno nazionali. Infine i costi dei metri quadrati nei padiglioni di Baselworld, dei servizi offerti ma “obbligatori”, dell’indotto necessario (a partire da alberghi e ristoranti in città), tutto ciò ha fatto il resto. Non a caso l’anno scorso avevamo chiesto se non fosse il caso di pensare a una “biennalità” della Manifestazione, per dare ossigeno non tanto agli espositori, quanto al mercato e soprattutto ai commercianti. La risposta (allora quasi tipo: “sacrilegio”) non si è comunque fatta attendere con la riduzione di 2 giorni nella durata di quest’anno.
Chi ha seguito lo streaming della conferenza stampa d’apertura, avrà notato che il quadro era più che insolito: al posto della solita scrivania con i relatori si è visto un “salotto”. Diciamo il salotto buono della Città, che alla fine, invece di concedere le solite domande ai presenti, ha fatto entrare una banda di suonatori di tamburo in costume d’epoca, simbolo della città sulle rive del Reno. Chiunque avesse voluto porre dei quesiti, lo avrebbe potuto fare durante un tête-à-tête nel foyer. Insomma assai rivoluzionario il tutto, per non dire espressamente, almeno o alquanto “insolito/strano”.
Come pubblicato dalla stampa elvetica, nell’esercizio 2017 le perdite del MCH (l’Ente che organizza tutte le esposizioni di Basilea) sono arrivate a cento milioni di franchi svizzeri. Che poi i risultati di chi era presente nell’edizione di Baselworld 2018 (con concessionari arrivati da tutto il mondo e migliaia di giornalisti), siano stati più che soddisfacenti, non è solo scontato, ma logico. Le Fiere sono da sempre momento promozionale e d’incontri che portano poi a cont(r)atti, più che a vendite immediate. In rete abbiamo letto spesso di “arroganza”, un termine che s’incontra quando le cose vanno bene e si pensa possano durare all’infinito. Da notare che anche altre fiere non ne sono prive, ma tempo al tempo potrebbero trovarsi nelle stesse situazioni. Vedremo a Baselworld 2019 (21-26 marzo) cosa succederà e se gli investimenti attuati saranno in grado di invertire la rotta, modificando il concetto sino ad oggi legato a una fiera specializzata. A fronte dei conti economici e di quelli legati all’immagine, ci sono, a sostegno di Baselworld, anche motivazioni di scelte politiche. Noi italiani siamo maestri in questo, ma è un male comune che tocca anche la Svizzera, che però più di noi è sensibile al portafoglio. Comunque, sino a quando Rolex, Patek Philippe, Chopard e Breitling – giusto per citare alcuni marchi – e i Gruppi Swatch e LVMH resteranno a Baselworld, il declino – se si verificherà – sarà mo(oo)lto lento.