Un interessante articolo di Ashton Tracy sul modulo cronografico Dubois-Dépraz è stato pubblicato in rete da FHH la Fondazione d’Alta Orologeria che, tra l’altro, organizza il Salone di Ginevra.
On web an interesting article by Ashton Tracy FHH speaks about Chronographs and module Dubois-Dépraz (Switzerland’s best secret).
Chi segue da vicino il comparto orologiero lo conosce bene e sa che ha consentito a marchi notissimi e ad altri più piccoli di disporre (per periodi più o meno lunghi) di un cronografo, cosa per i più piccoli impossibile da realizzare all’interno delle loro aziende, soprattutto alla fine del secolo scorso.
Mettere nero su bianco queste notizie è un buon servizio per la conoscenza del processo meccanico orologiero, ma c’è un rischio, sicuramente ben valutato. Il pubblico è in grado di comprenderne ogni risvolto? Non c’è il pericolo che facendo di tutta l’erba un fascio si penalizzi un prodotto che ha avuto il suo perché e che tuttora svolge una buona funzione?
In questi trent’anni di “passione” orologiera ho pensato più volte e l’ho anche detto a molti responsabili, che il mondo degli orologi è spesso un meraviglioso castello di carte, ma che, come questo, basta un soffio per vederlo crollare. Ricordo bene le accuse al Rolex Daytona con movimento El Primero di Zenith, da parte di chi non si era certo premurato di andare a vedere se ci fossero diversità, che c’erano eccome tra il movimento realizzato per Rolex e quello normalmente impiegato sugli Zenith..
Forse adesso che l’estetica sembra aver preso il sopravvento sulla meccanica, fa meno effetto sapere che un marchio sulla cresta dell’onda non impiega componenti da poter classificare come “farina del suo sacco”, e quando lo fa, affrontando costi altissimi, questi poi si ribaltano sul prodotto finito e quindi sull’acquirente.
Ricordo che Vacheron Constantin fu tra i primissimi, se non il primo a rendere nota la collaborazione esterna di valenti artigiani per i suoi quadranti artistici, mentre altri Marchi – e penso a Bulgari per la cassa del Rettangolo o a IWC per un suo cronografo rattrapante – non hanno seguito questa filosofia. L’articolo di cui ho apprezzato sia l’incipit sia la conclusione (dedicata alla collaborazione tra Tudor e Breitling, che è stata una delle piacevoli scoperte a Baselworld 2017) svela uno dei tanti segreti di Pulcinella; ottimo per un pubblico evoluto – e mi auguro che dopo trent’anni ciò si sia verificato – però un qualche dubbio mi rimane, e mi domando a chi l’articolo sia rivolto. Ai tecnici? Ma loro lo sanno già, agli appassionati esperti? idem come sopra anche grazie alle molte riviste specializzate che però hanno coperto un pubblico abbastanza ristretto, ma il grande pubblico, quello che segue le notizie in rete non sarà portato a deprezzare questo o quel cronografo? Infine c’è già la spiegazione, data ormai da diversi anni, per molti orologi, quando si parla di movimenti di Manifattura o di moduli su base XY. Spero quindi sia stata solo una scelta tesa a migliorare la conoscenza di tutto ciò che si lega a un orologio, a prescindere da possibili risvolti economici; chi mi conosce sa che infine io sono sempre stata una romantica…