Famiglie reali, VIP di ogni settore (ma recentemente anche Patek Philippe) pubblicano “biografie autorizzate”. Vincent Calabrese ha scelto un’altra strada; con l’aiuto di un amico scrittore, Serge Bimpage, ha ricordato la sua vita, molto più romanzesca di quanto non sia stato riassunto nei vari articoli che gli ha dedicato la stampa specializzata.
There are many authorized biography, but Vinccen Calabrese wrote, helped by a friend journalist, his life in a really a fantastic book, starting from a poor family up to the creativity of wonderful new movements, without loosing his neapolitan verve and italian passport.
Ci soffermiamo soprattutto sulla prima parte del libro “Le temps d’une vie“, arrivando a pag: 124, ne restano altrettante, ma come direbbero i latini: De hoc satis. Il resto è storia nota a tutti gli appassionati perché riguarda orologi e movimenti famosi che hanno segnato pietre miliari nella costruzione di orologi svizzeri ideati e realizzati da un italiano che ha mantenuto non solo il suo passaporto ma anche tutta la verve napoletana; lo provano queste foto che abbiamo fatto nel 2008 a Baselworld di fronte alla vetrina dello stand NHC dove gli orologi erano appesi come dopo il bucato o appoggiati a un pacco di spaghetti.
Il sottotitolo del volume recita “Le ronan de l’un des créatuers horlogers les plus innovants de Suisse.”. La definizione innovant mi sembra un po’ restrittiva. Vincent, che ha tutto lo spirito e l’intelligenza di un napoletano verace anche se trapiantato in Svizzera da oltre 50 anni, ha attraversato momenti molto difficili superato altrettante disillusioni e creato nuovi movimenti seguendo una sua filosofia alla ricerca di soluzioni di fronte a problemi da molti giudicati irrisolvibili. Sono molti nelle pagine i ricordi e alcuni, come si dice, sono sassolini tolti dalle scarpe…
Una fotografia mostra la via dove è nato, il 6 gennaio 1944, in piena seconda guerra mondiale, tanto che la registrazione all’anagrafe avvenne solo il 20; è una di quelle strette vie della città partenopea dove la vita si svolge praticamente all’aperto. Pieno di ottimismo il giovane Vincent pensa che volendo si può cambiare, iniziando dalla scuola dove, nel secondo istituto frequentato, impara il latino che lo affascina. Lavora come apprendista in un negozio di orologi (e come accadeva un tempo in Svizzera deve comprarsi gli attrezzi), a 18 anni di fronte a due anni in Marina pensa di emigrare raggiungendo uno zio in Svizzera; partono prima il fratello e la sorella, poi Vincent con la madre. Il padre resta in Italia, teme il freddo di Le Locle anche per una ferita di guerra. L’anno seguente però vi arriva e decide di fermarsi, poi litiga con il fratello, lo colpisce, viene arrestato ed espulso. Solo in seguito Vincent riconoscendone l’amore per l’indipendenza e la ricerca della giustizia si riconcilierà con lui.
come sa di sale lo pane altrui (Dante, ma sempre attuale)
Il primo lavoro a Le Locle è da Tissot (anche il resto della famiglia lavora e si permette il lusso di un appartamento con 4 stanze, a Napoli vivevano tutti in una sola), avendo detto “sono un orologiaio” si sente rispondere “No tu sei un italiano”, il suo capo mal sopporta il carattere allegro di questo immigrato che canta e fa la corte alle ragazze così, dopo Tissot, Cyma è un paradiso; il capo lo comprende e lo inizia ai segreti dell’orologeria. In seguito lavora da Zenith dove gli fanno promesse non mantenute. Nel frattempo si sposa e sceglie un posto nel servizio assistenza per i molti i marchi venduti dalla catena di negozi Ricard. Poi entra come capo reparto in un’azienda che produce private label, lavora con successo, ma quando chiede un aumento di salario per gli orologiai che lo affiancano, ottiene un rifiuto e, secondo le sue idee di liberttà e giustizia, si dimette, anche se è in arrivo la seconda figlia.
vacanze dedicate alla famiglia e alla formazione professionale
L’ingresso nel mondo degli orologi d’alto target avviene quando diventa responsabile del negozio Aeschlimann a Crans sur Sierre; ha 4 settimane di vacanze all’anno, in parte le passa con la famiglia, ma sceglie anche uno stage di formazione da Patek Philippe e poi da Rolex. Finalmente può pensare a un orologio suo, che sia diverso da tutti gli altri, va sempre controcorrente mettendo in pratica soluzioni inedite e nasce quello che diventerà il Golden Bridge, il nome lo sceglie René Bannwart proprietario di Corum, che acquista il brevetto impegnandosi a realizzare il movimento in oro e a corrispondere una royalty all’inventore (promessa in segito disattesa).
Nel 1983 Vincent fonda con Sven Andersen l’AHCI, realizza movimenti e orologi per molti marchi (da Pinko a Bell&Ross a Universal) compreso l’esperimemento con Goldpfeil, azienda tedesca extra settore, che nel 1994 riunisce alcuni Maestri orologiai per realizzare modelli in edizione limitata o destinati al grande pubblico. Partecipato a un concorso del MIH di La Chaux de Fonds sentendosi dire che i suoi movimenti sono “impossibili da realizzare” (in seguito invece faranno parte della sua collezione Spaziale). Lavora in due tempi successivi per Blancpain, è imprenditore e crea per due volte una sua marca.
Nel 1990 (e qui ampliamo quanto scritto nel libro) per la rivista Orologi da POLSO realizza da solo, in meno di due anni, una serie di dieci tourbillon volant con movimenti in linea, personalizzati sul ponte con incisioni chieste dagli acquirenti, il prezzo? 35 milioni di lire e su ogni numero della rivista vengono pubblicate le fasi della lavorazione, un inedito working progress.