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Gli automatici, una saga continua

A Baselworld 2012 avevo incontrato un vecchio amico, dr.Helmut Crott che, nonostante una laurea in medicina, aveva preferito fondare in Germania una Casa d’aste con il suo nome.

I met an old friend of mine, dr.Helmut Crott, in Baselworld 2012 where, together with J.C.Sabrier, he was presenting new Urban Jurgenssen movement and the book about self-winding movements, a Bible for lovers of these watches.

In seguito l’aveva venduta e aveva acquistato i diritti del marchio Urban Jürgenssen (con l’aiuto di Jean-François Mojon/Chronode l’aveva riportato in auge, conquistando anche un premio al GPGH; il marchio dall’ano scorso è tornato in mani danesi). Amico di J.C.Sabrier, a Baselworld avevano presentato insieme lo scappamento a detente dell’automatico UJ e il libro “La storia degli automatici dal XVII al XXI secolo”, stampato in Italia da Castelli Bolis ed edito dalle Editions Cercle d’Art, 307 pagine e oltre 150 illustrazioni, è una Bibbia per gli appassionati.

copertina libro

2012: le dediche di Sabrier e Crott sul volume

2012: le dediche di Sabrier e Crott sul volume

Da quando esistono gli orologi, scriveva Sabrier, molti orologiai hanno ideato sistemi diversi per un movimento “perpetuo”; nel XVII secolo Daniel Schwenter, docente di matematica a Wittenberg pensò a un orologio che si caricasse con il respiro; Breguet scrisse che il primo automatico nel 1600, era opera di un gesuita francese, altri di un orologiaio viennese. Una curiosa testimonianza del 1746 narra di un paio di stivali del Principe di Baviera: nel tacco di uno c’era un orologio nell’altro un carillon, entrambi si caricavano camminando e nel secondo 7 gong suonavano una melodia ogni 15 passi. Nel 1777 un rapporto descriveva un Tasca, costruito da Abrahm Louis Perrelet, già carico dopo 15 minuti di cammino, mentre l’Accademia Reale delle Scienze a Parigi descriveva nel 1778 il movimento automatico di un inventore belga Hubert Sarton di Liegi, che però non fu mai ritrovato. Va anche ricordato che a quei tempi fra inventore e fabbricante spesso si faceva confusione e molti orologi avevano come marca il nome del negoziante. A fine Settecento movimenti che si caricavano con la massa oscillante, oltre a quelli di Breguet e Perrelet, furono anche quelli di Recordon, Philippe Dubois et Fils, Berthoud, LeRoy, Jaquet Droz e pochi altri.

Capitoli sono dedicati alle produzioni dei Tasca svizzeri, francesi e tedeschi per arrivare ai moderni automatici da polso, spesso arricchiti da complicazioni come la cronografia, il calendario perpetuo, lo scappamento a tourbillon, prendendo in esame l’extra piatto Piaget con tourbillon, il Golden Bridge di Corum, l’RM-030 di Richard Mille con rotore “debrayable” e, con molti particolari, l’Octa automatico di F.P.Journe di cui mette in risalto, tra l’altro, la molla (spessore 1 mm, lunghezza 1 metro), il grande ø del bariletto per la massima precisione, un treno di 4 ruote tradizionali, un importante dispositivo di carica (13,5 giri assicurano un’autonomia di 165 ore), l’amplltudine delle oscillazioni che non eccede i 20°.

Nell’Enciclopedia degli orologi da polso, che ho realizzato nel 1985 con Gabriele Ribolini, un capitolo è dedicato agli automatici; riassumo qui alcune date (dagli anni ’20 agli anni ‘70) a conferma di come le innovazioni, molte coperte da brevetto, si siano susseguite nell’arco di cinquant’anni.

1922 Léon Leroy: massa oscillante ispirata ai perpetuelles da tasca. 1923 John Harwood (il brevetto è del 1924) massa oscillante centrale ad arco 13°, corsa bloccata da ammortizzatori. Poco dopo arrivava l’Autorist: il movimento del polso metteva in tensione il cinturino, che agiva su una delle anse e sulla molla di carica. 1930 Rolls di Léon Hatot, ideato a Parigi, ma realizzato a La Chaux-de-Fonds; il movimento rettangolare slitta per 3 mm nella cassa agendo da forza motrice. 1931 voluto da Wilsdorf, fondatore di Rolex, nasce il Perpetual con rotore centrale a 360°, carica in un solo senso, brevetto del ‘33. 1931 Glycine, massa oscillante centrale protetta da un anello. 1931 Wig Wag movimento Champagne di Bienne, sospeso su un portamovimento, libero di oscillare nella cassa con spostamento laterale 2 mm. Anni ’40 Patek Philippe realizza il Gyromax (i brevetti sono del 1949 e 1951). 1942 La Felsa con rotore che carica nei due sensi, movimento e massa oscillante hanno quasi le stesse dimensioni; due anni dopo il rotore, libero, ruota a 360°. 1944 IWC sistema di Albert Pellaton, un disco al centro del rotore trasforma il moto rotatorio in uno oscillante, brevetto nel 1950. 1945 Pierce ha la massa oscillante mobile fra due guide. 1951 Eterna massa oscillante su cuscinetto a sfere. 1953 Patek Phiippe rotore in oro 18 cts, il mecccanismo della carica automatica è montato su 12 rubini. 1954 Buren Watch con microrotore. 1954 Mido diminuisce i componenti del meccanismo di carica automatica da 16 a 7 (sistema powermind). 1956 Girard-Perregaux Gyromatic invece di ruote o cricchetto impiega innesti unidirezionali o rullo. 1960 Piaget riduce lo spessore del movimento automatico a mm 2,3°, il rotore è in oro 24 cts. 1967 si utilizzano calibri con bariletti a rotazione rapida. 1977-78 Jean Lassalle realizza un piccolissimo movimento automatico ø 20 mm spessore 2,08

IWC Calibro 5201o nel nuovo Portoghese

2015: IWC ha ripreso da alcuni anni per i suoi automatici il sistema Pellaton,, qui il Calibro 5201o nel nuovo Portoghese automatico; dotato di componenti in ceramica e di due bariletti per una carica di 7  giorni

La saga degli automatici dunque è continuata, tra le realizzazioni abbastanza recenti il TAG Heuer Monaco V4 con massa oscillante in linea che ha poi avuto diverse evoluzioni e nel 2011 il nuovo GyromaxSi® di Patek Philippe con componenti in silicio.

 

 

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