Un lungo e interessante colloquio, iniziato con le congratulazioni per il nuovo incarico. Oltre alla presidenza di Vertime, società che produce e distribuisce orologi a marchio Versace, Versus e Salvatore Ferragamo, Paolo Marai è infatti diventato presidente di Timex Business Unit.
La definisce una sfida entusiasmante perché coinvolge, in tutto il mondo, strategie di mercato, produzione, promozione (la più recente campagna si intitola Wear it well).
Poi la prima domanda, anche se in genere la si pone alla fine, “se non lavorasse con gli orologi cosa le sarebbe piaciuto fare?”. La risposta la metto dopo, un po’ di curiosità non fa mai male.
Invece alla seconda “Chi sono i competitors di Timex”? Marai dice subito: “Bella domanda” e poi si lancia in una disanima articolata.
Divide Timex sul territorio USA e all’estero, e ancora sottolinea che si devono fare paragoni con i mass-market, con i modelli a tecnologia GPS, tiene presente che il fashion gioca un suo ruolo, anche se forse di orologi fashion ne sono nati molti, troppi. Inutile comunque fare i nomi dei competitors, sono quelli delle marche che tutti conosciamo anche se alcuni, molto forti in Europa, lo sono assai meno negli States. Un mercato particolare questo. L’economia si sta riprendendo lentamente, ma il costo dei viaggi non lo si affronta più come prima; gli americani sono molto bravi a gestire fiere sul loro territorio, quella di Las Vegas si indirizza a tre distinte fasce di consumatori, così Basilea attira un consumatore abbiente, ma forse ancora di più, un consumatore acculturato e appassionato di orologeria, una parte piccola degli oltre trecentocinquanta milioni di americani.
“Timex – dice Marai – è un marchio basilare negli States, Un Timex lo hanno avuto o lo hanno tutti. Nel 1854 erano gli orologi Waterbury Clock, quelli famosi da “un dollaro”; dopo la seconda guerra mondiale è nato Timex, la x dopo la parola tempo stava a significare tecnologia d’avanguardia. Oggi, con marchi di proprietà o di licenza, è leader negli USA, all’estero invece ha bisogno di essere più conosciuto”.
La situazione però deve essere vista soprattutto nell’ottica di una domanda: cosa succederà domani? Riuscire a comprendere quali saranno le connessioni, quale l’estetica di ciò che, in un futuro nemmeno tanto lontano, sarà al polso dei consumatori, è il nodo focale e ha ingolosito colossi, non di tipo orologiero, ma con nomi come Google, Apple, Samsung . “Il problema si porrà soprattutto – sottolinea il mio interlocutore – quando si arriverà a disporre di questi nuovi orologi analogici, con le lancette, superando la rigidità dei quadranti digitali”. Un altro punto da non sottovalutare è l’aspetto dell’orologio legato alla salute con le connessioni tra l’utente/paziente e il suo medico. Gli americani guardano molto alla funzionalità anche quando si tratta di estetica e in fatto di design i colossi che si stanno avvicinando all’orologio da polso non hanno certo difficoltà in proposito. Naturalmente non si può dimenticare il fattore prezzo che, per essere appetibile, dovrebbe restare sotto i 400 Euro.”
L’anno scorso Marai, che avevo intervistato per lo speciale Orologi del quotidiano La Stampa, mi aveva detto che il diametro delle casse, soprattutto nei modelli femminili, si sarebbe ridotto e così è stato per i modelli più eleganti, quelli da sera. Per le scelte maschili invece, oggi mi dice che sono diverse a seconda dei mercati: Medioriente e USA amano ancora le oversized, Europa e Asia meno.
Uno sguardo anche alla distribuzione, che è passata dall’orologiaio di fiducia al punto vendita nei centri commerciali o in Internet. In certi comparti, secondo Marai, sembra si stiano verificando anche altre scelte; si abbina l’offerta dello shopping al piacere di una pausa, magari per mangiare qualcosa e ritirare, prima di andare via, quanto si è comprato. Anche in Internet molto sta cambiando, sempre più social-net, grandi imprese come Amazon, che invia anche pacchi ben confezionati per regali e si sta attrezzando per le consegne con droni (anche se qui c’è ancora molto da fare); Francia e Germania sembrano molto attente, l’Italia è indietro.
E finalmente, per concludere, ecco la risposta alla prima domanda: “Da ragazzo andavo a pescare con mio padre, ho sempre amato l’attività out-door. Mi piacerebbe organizzare dei trekking per la pesca in resort come dico io, abbinando lo sport al comfort, ma per il momento passo quasi 4 settimane al mese in USA, il resto è ancora lontano.” Elena Introna