Venticinque anni or sono per me Fabio Bertini era solo il nome del Direttore Generale di una fra le grandi orologerie italiane, poi l’ho incontrato alla Fiera di Basilea. Avevo saputo che era riuscito, con quella fantasia (o genialità) che distingue gli italiani, a ordinare un orologio la cui tiratura limitata e numerata era già stata assegnata.
Tutti sanno come queste tirature siano la delizia e la croce dei negozianti perché c’è il cliente superstizioso, quello che vuole assolutamente un numero che è gradito anche a molti altri e così via. Difficile quindi accontentarne uno senza scontentare gli altri. Bertini aveva bisogno di quell’orologio per un cliente di riguardo (naturalmente non ne fece il nome, gli orologiai sono come i medici o gli avvocati, il segreto è d’obbligo, le persone possono riconoscersi e molti desiderano mantenere l’anonimato). Il dirigente svizzero aspettava la decisione, sicuro che Bertini avrebbe rinunciato, sebbene a malincuore. E invece lui trovò la soluzione: “…ma è semplice, mi faccia un doppio zero e la numerazione non viene modificata…”
Il tema dell’intervista che gli ho fatto, 25 anni più tardi, prevedeva 4 domande e…qualche aneddoto.
Prima domanda: Perché sei entrato in orologeria?
Risposta immediata: “Per caso. A scuola, avevo 15 anni, non ero uno studente brillante così rimediai un esame a settembre in matematica; durante l’estate non studiai e…fui bocciato. Mio padre era un uomo severo, per non vedermi ciondolare, grazie a un parente di mia mamma, mi mise a lavorare con Osvaldo Pisa che aveva bisogno di un ragazzo di cui fidarsi. È stata mia fortuna.
Seconda domanda: “È vero che hai contribuito alla nascita di molti orologi haut-de-gamme?
Anche qui risposta veloce: “Sì se pensi all’estetica, no se pensi alla tecnica. Ho fatto modificare molti quadranti di orologi famosi: per esempio dei Portoghesi che poi abbiamo avuto solo noi o degli Overseas di Vacheron Constantin e anche un Lange&Söhne Le Mérite in acciaio. Blumlein, un grand’uomo allora CEO di quella Marca, mi disse: come faccio a farne uno per voi in acciaio? ne ho già decisi 150 in oro. Ci pensammo e quelli in oro furono 149….
Ricordo anche dei quadranti per i componenti di una famiglia. Lì è stata pura fortuna. Avevo quattro orologi identici che avevo ordinato e mi erano arrivati in sequenza; un bel giorno entra in negozio un cliente che mi dice: vorrei quattro orologi uguali da distinguere mettendo le lettere al posto degli indici; i nomi dei destinatari avevano tutti 12 lettere… E così ho soddisfatto un desiderio non comune vendendo i quattro orologi in un sol colpo. Allora le Case non proibivano le personalizzazioni dei quadranti, stampavano quello che si chiedeva. Adesso è diverso e le capisco. A volte però penso che tutte queste tirature limitate siano un po’ una forzatura, si è perso il piacere dell’oggetto acquistato perché piace e anche un po’ per…divertimento”.
Terza domanda: Pensi che ci siano molti collezionisti?
“Dipende da cosa si intende per collezionista. C’è l’investitore e basta, che compra per poi rivendere (anche se quando si compra un oggetto di valore un pensierino al futuro in termini monetari lo fanno in molti). C’è chi si fa guidare dalla passione per un orologio che non è comune e lo sceglie perché gli piace. Di veri collezionisti che abbinano conoscenza storica, tecnica e possibilità economiche, ne ho conosciuti pochi e sono tutte persone eccezionali che di orologeria ne sapevano più di me”.
Quarta domanda: Cosa ne dici dei mercati esteri, tipo Cina, che sono cresciuti a dismisura?
“Penso che oggi non ci sia la percezione del vero valore dell’orologio e questo accade anche in Europa, fra i giovani o meglio fra gli under-50. Non è facile trasmettere al futuro proprietario le diverse componenti di un modello, dalla storia del marchio alla tecnica al prezzo…per questo ammiro l’opera di Franco Cologni che sta rivalutando i Mestieri d’arte. I giovani poi si sono abituati ad avere tutto e subito: non c’è più, o c’è solo in una piccolissima parte, il piacere di aspettare, prima di possedere qualcosa”.
…dai, finiamo con un altro aneddoto… Fabio ci pensa un po’ poi racconta di quando avendo spiegato le caratteristiche di un orologio subacqueo (a volte possono non resistere alla pressione del violento getto d’acqua di una doccia e poi, diciamolo francamente, chi se non i professionisti vanno alle profondità che distinguono certi modelli?) si sentì rispondere, ma io al mare vado con un vecchio orologio di mio nonno, è un modello con una leva a sinistra… Fabio sbiancò non credendo alle sue orecchie, era un Ripetizione Minuti…. Elena Introna