Intervistare un astronauta è emozionante. A me è successo due volte: con Thomas Stafford e Eugene Cernan, per anniversari delle missioni spaziali legate a Omega. Pensando a cosa è stato nel 1969 l’Apollo 11, mi è tornato in mente quanto capitò a un collega negli States con il compito di intervistare Neil Armstrong da poco rientrato sulla terra.
To interview an astronaut is not easy. Thanks to Omega I got twice, with Thomas Stafford and Gene Cernan for mission’s anniversaries. Thinking about 1969 July 29th night, I am also remembering what happened to a colleague who in U.S. had to interview Armstrong. The astronaut was tired of interviews and asked for police to keep his privacy… (I apologize if I don’t go on with translation, but otherwise italians could know too soon the history)…
Un compito non facile, risolto con la tipica fantasia e tenacia italiana. Armstrong stanco di interviste, voleva la sua privacy, rifiutò di riceverlo e poiché il collega insisteva chiamò la polizia che, dopo un interrogatorio, intimò al giornalista di stare lontano da casa Armstrong. Però quasi di fronte, su un terreno, c’era un cartello “for sale”. Il collega telefonò al direttore del giornale chiedendogli il premesso di spendere diverse centinaia di dollari per sbloccare la situazione, ma senza dare spiegazioni. Forse a Milano si pensò a una mazzetta, invece il collega acquistò il terreno, ci mise una sedia, un tavolino e si dispose ad aspettare. Dietro a una tenda Armstrong vide l’accaduto e chiamò di nuovo la polizia che minacciò di rimandare in Italia l’intruso, ma lui seraficamente fece vedere l’atto di acquisto, così i poliziotti dissero all’astronauta che quel cocciuto giornalista non poteva essere allontanato visto che era il proprietario. Armstrong si fece una risata; l’intervista fu concessa e prima di rientrare in Italia il collega provvide a rivendere il terreno.
… for foreign friends, here what happened: there was a ground “for sale”, the journalist asked his editor to be allowed to spend money, bought it and stayed on looking at the house; Armstrong asked again for police but having seen the contract they said there was nothing to do, the journalist was on his property. Afterwards Armstrong gave the interview and coming back to Italy the journalist sold the ground.
Il secondo ricordo, ancora grazie agli orologi, è legato a un produttore di armi da tiro. Tramite Palmiro Monti, patron di Eberhard & Co. e appassionato cacciatore, abbiamo conosciuto Giuseppe Zoli, che esportava la sua produzione negli States. Negli anni ’70 in una fiera a Houston a un certo momento ci fu un gran trambusto e un ufficiale si fermò davanti allo stand dell’impresa italiana. Zoli si augurava che la folla passasse per lasciare spazio a possibili clienti, ma il gruppo non si muoveva. Poi l’ufficiale si presentò, era il colonnello Stuart A.Roosa, comandante della missione Apollo 14, campione NASA di tiro proprio con un fucile Zoli. E quasi si scusò dicendo: “Sono da poco tornato dalla luna e non riesco a fare un passo senza essere circondato da fotografi“.
In breve nacque un’amicizia, Zoli fu invitato a casa Roosa e nel centro di Houston dove, probabilmente, fu uno dei pochi italiani a provare il simulatore. Il colonnello ordinò poi un fucile speciale con il calcio istoriato con i simboli dell’Apollo 14. Passò del tempo e un bel giorno il maresciallo dei carabinieri si presentò nello stabilimento di Gardone Valtrompia tutto preoccupato: “Lei aspetta un personaggio della Nato“? L’imprenditore cadde dalle nuvole e il maresciallo continuò: “Allora come mai mi hanno avvertito dall’aeroporto di Ghedi che è arrivato un jet dall’America e che il comandante ha chiesto di Giuseppe Zoli“? Dopo un po’ arrivò una macchina, ne scese Roosa che disse tranquillamente:”Volevo vedere a che punto è il mio fucile, infine sono solo 21.000 Km!”.
Però Roosa tornò negli States a mani vuote: “Astronauta o non astronauta – gli disse Zoli – noi abbiamo delle leggi da seguire per l’esportazione dei fucili, lo manderò seguendo l’iter regolare”.