Vincent Calabrese, orologiaio autodidatta ha percorso molte tappe in orologeria, dal restauro alle invenzioni (celebre il suo Golden Bridge, meno famoso ma altrettanto interessante il Carrousel), da dipendente a imprenditore. Qui ha scelto come tema la “tradizione” e ne scrive con verve tutta napoletana, con quello spirito che gli ha consentito di affermarsi in Svizzera, rimanendo però sempre italiano (anche come passaporto).
OROLOGERIA IN SVIZZERA
“Mi piacciono le cose difficili; quanto affermo è la mia verità, spesso contestata da chi si presenta come tradizionalista mentre io, che ritengo di essere stato e di essere ancora un innovatore, seguo la tradizione più di tanti altri. Non si può comprendere il presente senza analizzare il passato e qualche esempio di un lontano passato può portarci a momenti attuali. Nel Seicento i primi orologi portatili, costruiti da fabbri su indicazioni di matematici e astronomi, non potevano competere con la precisione della cosiddetta grossa orologeria, così la loro priorità diventò il lusso, la diversità nelle complicazioni.
La tradizione orologiaia nasce quando si inventa l’orologeria con gli scappamenti; la spirale consente una migliore precisione; gli orologiai, non più semplici esecutori, ma esperti di scienze e matematica, sanno ideare movimenti, ricevono onori e ricompense, cercano di ottenere il titolo di orologiaio di Corte con rendita allegata; la concorrenza è spietata, i colleghi spesso perfidi e ogni maestro si sente obbligato a superarsi nella qualità dell’esecuzione. Nel secolo seguente la Svizzera inizia a produrre parti dell’orologio non tanto per soddisfare clienti elitari quanto per vendere in tutto il mondo orologi completi. L’orologio si democratizza. Nell’Ottocento, con le industrie, spesso non importa cosa si produce, quando arriva una crisi commerciale si riaffina la qualità e si riparte. Oggi nulla è cambiato e la tradizione è rispettata d tanto in tanto secondo la domanda.
FANTASIA PER CREARE NUOVI MECCANISMI
La tradizione orologiaia però non è riproporre prodotti comuni, soliti, ma creare meccanismi inediti, più precisi e più piccoli. Un significato ambiguo e contrario che potrebbe annullare ogni discussione, ma che mette in rilievo l’atteggiamento di chi, con il pretesto di seguirla, propone copie servili di opere fatte da altri. Sfortunatamente è l’atteggiamento di gran parte dei produttori che sotto la pressione commerciale produce senza etica né inventiva. La mia orologeria è interamente tradizionale e, come i maestri antichi, non ho bisogno di firmare i miei pezzi per renderli riconoscibili, dunque per paradosso mi reputo un tradizionalista che rifiuta di eseguite un’opera usuale. Metto in cantiere orologi non consegnabili in pochi mesi, equilibrando l’etica con il commerciale. La tradizione senza la diffusione dei movimenti al quarzo non esisterebbe, però già prima la monotonia dell’orologeria aveva spinto l’artigiano a non aspettare l’ordine del fabbricante, ma a lavorare in proprio. Da sempre le creazioni speciali in orologeria sono state opera di orologiai indipendenti rimasti del tutto sconosciuti. Come artigiano io ho iniziato negli anni ’70.
Avevo lavorato presso grandi aziende in Svizzera, dove ero arrivato ragazzo, pieno di sogni e di passione per gli orologi. Ero stufo di sentir parlare di orologeria già fatta, non ero affascinato da quella elettronica e ho deciso di creare orologi con il mio nome. L’entusiasmo mi ha fatto superare le difficoltà inevitabili. Però mi sono reso conto che il percorso in solitario era veramente difficile malgrado i successi ottenuti e che, se ero sicuro della mia opera e amavo sinceramente l’orologeria, dovevo cercare di aiutare chi lottava come me, invogliandolo a scendere in lizza per perpetuare la Tradizione. Nasceva così l’Acadèmie Horlogère des Créateurs Indipéndants”.
Ho scritto quanto sopra nel 1989, e son felice di constatare che la creazione dell’AHCI, nel 1985, è stata indubbiamente il motore che ha spinto molte imprese a dotarsi nel loro interno di uffici di ricerca e di sviluppo come a dar coraggio a molti indipendenti di lanciarsi in una vera ricerca creativa. L’Accademia oggi ha più d’una trentina di soci; qualcuno da artigiano si è trasformato in industriale, altri vendono le creazioni anche ai grandi Marchi e questo consente loro di continuare ad essere orgogliosamente orologiai creatori, custodi della Tradizione. Non penso esagerare dicendo che questo motore è all’origine d’almeno il 60% dell’attuale meraviglioso Rinascimento dell’orologeria detta Svizzera
. VINCENT CALABRESE