Nel celebre Teatro milanese – e nel suo museo – il tempo viene scandito da strumenti diversi, interessanti per la storia, la tecnica e anche per un piccolo gossip su un grande musicista: Giuseppe Verdi…
Partiamo proprio da quest’ultimo che è il più vicino alla filosofia di soloPolso, perché è un orologio da taschino inserito in un prezioso braccialetto. Secondo i gossip del tempo, questo orologio segreto è stato regalato da Verdi a Giuseppina Strepponi, non solo la sua cantante preferita, ma anche la compagna sposata nel 1859. Il dono pare fosse motivato dal desiderio del Maestro di tranquillizzare la gelosissima consorte e Giuseppina lo ricevette nel 1867 per la prima a Parigi del Don Carlos. Sempre del grande Maestro un altro orologio nella foto sotto; questa volta un Tasca d’oro Ripetizione Minuti di Charles Oudine, allievo di Abraham-Louis Breguet, ha la cuvette incisa a guillochage, ma il nervosismo della mano di Verdi, che a quanto pare lo portava sempre, ne ha consumato buona parte della decorazione.
Il Museo conserva anche un Tasca d’argento di Giacomo Puccini, pare regalatogli da un’ammiratrice. Sulla cassa ha una corona nobiliare e un monogramma in brillanti, su una placchetta della catena una rondine e la firma del Maestro.
Infine quello del quale si può dire che “dirige il tempo della Scala”: l’orologio a scatto che si vede dalla finestrella a più di 17 metri di altezza. Anni fa alle 9 in punto nella sala si abbassavano le luci, adesso l’inizio degli spettacoli in molti casi è stato anticipato, ma lui adempie sempre alla sua funzione mostrando i minuti di cinque in cinque e più in basso le ore. Lo costruì nel 1778 Giuseppe Meghele dell’Osservatorio astronomico di Brera e costò 60 zecchini d’oro; fu poi “rimodernato” quando nel teatro arrivò la luce elettrica.
Nel 1996 con un elmetto imposto dai vigili del fuoco, dalla seconda galleria per la scala del Prefetto sino alla torre del serbatoio per l’acqua antincendio, attraverso una botola, sono arrivata al cunicolo, che durante i bombardamenti degli anni ’40 protesse questa macchina del tempo (però l’ultimo tratto su una stretta scala a pioli l’ho lasciato al collega Disma Sutti): guardare la sala dai 17 metri della finestrella, se si soffre di vertigini, non è consigliabile.